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La chiesa di San Giovanni a Carbonara a Napoli ed i dolci natalizi napoletani

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Recentemente ho visitato la Chiesa di San Giovanni a Carbonara a Napoli, in via Carbonara appunto.
L'occasione è stata la presentazione di alcuni dolci tipici natalizi della tradizione napoletana realizzati da Raffaele Capparelli della pasticceria Il Capriccio a pochi passi dalla chiesa, a cui è seguita una visita guidata tenuta dalla guida Barbara de Blasi dell'Associazione culturale Mani e Vulcani.


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Crostata ai frutti rossi e cioccolato

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Crostata di Natale ai frutti rossi e cioccolato

Una crostata può essere un' ottima alternativa ai classici dolci di Natale, ma questa è anche la mia torta di compleanno. Ebbene si, sono giunta alla veneranda età di...rullo di tamburi...44 anni!
Forse non si dovrebbe dire e forse arrivata a questa età dovrei cominciare a festeggiare con un po' di discrezione in più, ma a dire il vero, ne sono felice. La bambina che è in me mi porta a gioire del mio compleanno, tanto che mi sveglio la mattina con quell'emozione e quella curiosità di chi sa che sta per ricevere dei regali. Ovviamente il mio modo per ricambiare è quello di preparare una torta come si deve. Ogni anno ne faccio una diversa, sempre abbastanza complicata e composta da varie basi, ma quest'anno ho optato per la semplicità. Mi è appena arrivato il cioccolato della Valrhona e non ho resistito ad utilizzarlo; d'altro canto torta semplice sì, ma deve essere comunque goduriosa!


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Mercatini di Natale a Londra: primo giorno

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Siamo stati a Londra per il ponte dell'Immacolata appena passato e ne abbiamo approfittato per visitare i suoi mercatini di Natale ma anche dei posti che ancora non avevamo visitato tipo lo Shard e lo Sky garden, oltre ad alcune zone meno turistiche ma non per questo meno affascinanati come Hampstead e Bermondsey/Rotherite. Ma non ci siamo fatti mancare il giro per le strade dello shopping addobbate per Natale.


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Le graffette napoletane con patate per una tradizione stabiese

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Le graffette napoletane con patate

Oggi vi parlerò della mia città, Castellammare e della tradizione delle graffette napoletane per l'Immacolata.
Ormai il Natale si avvicina, ma si può dire che le festività natalizie iniziano l'8 Dicembre con la festa dell'Immacolata Concezione. A Castellammare questa festa è particolarmente sentita e ci sono molte tradizioni legate ad essa.

Tutto ebbe inizio, come narra la storia, in una notte tra il 7 e l'8 Dicembre, quando un marinaio fu sorpreso da una tempesta e la nave su cui si trovava naufragò. Mentre il malcapitato era in balia delle onde, gli apparve la Madonna che lo salvò facendolo approdare sulle rive di Castellammare.
Il naufrago, grato per il miracolo ricevuto, iniziò a chiamare a gran voce tutti gli stabiesi perché si riunissero a  recitare insieme il rosario intorno ad una fuoco come ringraziamento alla sua salvatrice.

Le graffette napoletane con patate

Da questa storia nascono una serie di tradizioni. La prima è che a partire da dodici giorni prima della festività dell'Immacolata vengono organizzate per la città delle processioni notturne che si svolgono tra le 4 e le 5 del mattino (si avete letto bene), durante le quali vengono chiamati a gran voce "Fratelli e sorelle", come aveva fatto il marinaio quella notte, affinché scendano in strada a pregare la Madonna. In particolare la voce viene accompagnata da fuochi d'artificio e dalla banda musicale, però quest'ultima solo la prima e l'ultima notte. Capirete che questa tradizione non è ben vista da tutti. Al termine di ogni processione viene recitato il rosario e celebrata la Messa.
Le graffette napoletane con patate

La seconda tradizione sono i falò che vengono accesi durante la notte. Ogni quartiere della città ha il suo falò e per chi ha avuto la possibilità di ammirarli dall'alto, costituiscono un vero spettacolo. Purtroppo però ogni anno ci sono delle discussioni se permetterli oppure no a causa dell'origine dubbia della legna utilizzata e del rischio che si corre dato che non sono controllati da esperti.
Sempre perché la notte dell'Immacolata è una notte speciale, i ragazzi, ma a volte anche gli adulti, si riuniscono e passano la notte a giocare a tombola, a vedere film, a chiacchierare ed a mangiare, senza dormire, fino ad arrivare all'indomani, quando si accoderanno ad una processione.
Forse proprio legata a quest'ultima usanza se ne lega un'altra, quella di preparare le graffette, magari da consumare insieme ad una tazza di cioccolata calda durante la lunga nottata oppure per rinfrancarsi dopo la Messa mattutina.

Le graffette napoletane con patate

Solitamente queste piccole leccornie possono essere servite in modo tradizionale, dopo averle fritte e ripassate in un mix di zucchero e cannella, oppure ricoperte di miele e zuccherini colorati, similmente a come si fa per gli struffoli napoletani, dolce tipico natalizio. Ammetto che però io preferisco le graffette classiche per l'effetto "croccante" dello zucchero e per il sapore di cannella che amo.
Le graffette napoletane con patate

Graffette napoletane con patate


Ingredienti:

500 g di farina di forza
150 g di latte intero
60 g di burro
60 g di zucchero
3 patate piccole
3 uova
1 cubetto di lievito di birra
1 pizzico di sale
olio per friggere (preferibilmente evo)
zucchero
cannella

Mettere le patate in un tegame, coprirle di acqua e portare ad ebollizione.
Cuocere per circa 30 minuti, finché risultino morbide.
Pelare le patate ancora calde, schiacciarle e metterle da parte a raffreddare.
Riscaldare leggermente il latte fino a renderlo tiepido.
Sciogliervi un cucchiaino di zucchero e il cubetto di lievito.
Impastarlo con metà farina in una ciotola, fino ad ottenere un impasto semiliquido, ma uniforme. Coprire con la pellicola per alimenti e lasciare lievitare per 20 minuti.

Aggiungere al primo impasto la restante farina, lo zucchero, le patate schiacciate ed il sale ed iniziare ad impastare.
Aggiungere quindi le uova uno alla volta e per ultimo il burro ammorbidito sempre poco alla volta. Continuare ad impastare fino ad ottenere un panetto liscio ed elastico.
Trasferire l'impasto in una ciotola coperta di pellicola e lasciare lievitare fino a che l'impasto sia triplicato di volume (note mie: per ragioni di tempo l'ho riposto in frigo e dopo 4 ore era perfetto).
Sgonfiare leggermente l'impasto, prelevarne una piccola quantità e formare un cordoncino (sarà più facile se se infarinano leggermente le mani, ma non si deve infarinare il piano di lavoro, altrimenti il cordoncino non riesce a rotolare).
Unire le due estremità del cordoncino sovrapponendole leggermente.

Disporre le graffette su una teglia rivestita di carta da forno e lasciare lievitare per circa un'ora, fino al raddoppio del volume.

Riscaldare a 170°C abbondante olio e friggervi le graffette per circa 3 minuti, girandole a metà cottura.

Scolarle su una carta assorbente, eliminare l'olio in eccesso e passarle nel mix di zucchero e cannella.

Servire le graffette preferibilmente calde.

Le graffette napoletane con patate

Sicuramente, come avviene in molte città d'Italia, nelle tradizioni c'è un po' di sacro ed un po' di profano, ma io credo che le tradizioni, anche agli occhi di qualcuno possono sembrare bizzarre, caratterizzino i luoghi, per questo ci sono molto legata, come lo sono alla mia città.
E voi, avete della tradizioni particolari da raccontarci legate a questo periodo?

Anna Luisa

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Il pane dolce del sabato ed un saluto ad un amico

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Il pane dolce del sabato

L'ho detto tante volte, internet è proprio un posto strano, un posto dove le distanze si azzerano, tanto che un'amica che sta in India sembra essere la tua vicina di casa. Un posto dove si incontrano persone, almeno virtualmente, che mai avresti incontrato e con cui, fosse solo per la differenza di lingue, mai avresti interagito. Eppure tutto ciò è possibile grazie alla rete.
Ci sono momenti di allegria, momenti in cui si condividono le gioie della vita e quelli in cui si condividono anche i momenti tristi. Questo purtroppo è uno di questi perché di recente ci ha lasciati un amico.


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Lo street food in Italia e nel mondo

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Lo street food ci ha sempre affascinati e incuriositi. Per molti è un fenomeno degli ultimi anni, ma in realtà è sempre esistito in tutte le sue forme, che cambiano a seconda del Paese dove nasce.
Esistono luoghi dove esso occupa un ruolo marginale e comunque minore rispetto alla ristorazione in senso classico, ma anche posti, come Bangkok, dove lo street food è non solo limitato ad essere un’alternativa ai ristoranti, ma è alla base dell’alimentazione quotidiana, dei cittadini, come ovviamente anche dei turisti. Durante il nostro viaggio in Thailandia, ci siamo resi conto di quanto fosse sviluppata l’abitudine di acquistare dei piatti pronti dai venditori ambulanti, ma è solo leggendo questo articolo che abbiamo scoperto che addirittura molte abitazioni non sono neanche dotate di cucina, tanto sia considerato marginale ed addirittura poco conveniente preparare un piatto in casa propria.


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Taberna del Principe - chef Giovanni Arvonio

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Può un piatto raccontare un territorio? La risposta è sì. Certo, ciò non accade sempre purtroppo, ma nell'ultimo periodo molti chef stanno valorizzando il territorio utilizzando i prodotti locali nei loro piatti, portando un beneficio non solo ai propri ristoranti, ma a tutto il territorio dove essi lavorano.
Un esempio di questa simbiosi tra territorio e piatti è il ristorante La Taberna del Principe a Sirignano, piccolo comune dell'avellinese che sorge al confine tra le province di Napoli e Caserta.


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Gnocchi alla sorrentina un comfort food della cucina campana

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Gnocchi alla sorrentina

Giovedì gnocchi...ma personalmente sarei d'accordo a mangiarli anche tutti gli altri giorni della settimana e qualcosa mi dice che non sono neanche l'unica.
Gli gnocchi sono decisamente un ottimo comfort food, nella loro morbidezza e contemporaneamente nella scioglievolezza del sugo che solitamente li accompagna, piacciono a grandi e piccini e ricordo chiaramente che tutte le volte che da piccola mi veniva chiesto cosa avrei voluto mangiare la domenica a pranzo, la mia risposta è sempre stata "gnocchi alla sorrentina!".


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Starbucks Pumpkin bread un dolce facile e veloce

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La mia passione per gli Stati Uniti è viscerale. Fin da piccola guardavo i film e sognavo di stare lì, di giocare nei loro giardini, di andare nelle loro scuole dove ogni ora si cambiava classe ed ognuno aveva un proprio armadietto, di vedere un film al Drive Inn, di avere in casa uno di quei frigoriferi enormi con tanto di distributore del ghiaccio, e soprattutto sognavo di essere seduta a tavola a consumare quelle magnifiche colazioni con molte cose dall'aspetto fantastico ma dal sapore e dal nome a me ancora sconosciuti. Ammiravo i  piccoli panini tondi, che solo dopo ho scoperto chiamarsi english muffins, che venivamo accompagnati con la marmellata o ancora meglio, usati come appoggio per una fetta di prosciutto tagliata un po' spessa ed un uovo che al taglio avrebbe rilasciato il tuorlo ancora morbido. Guardavo con l'acquolina quelle meravigliose "frittelline" impilate le une sulle altre su cui veniva poi fatto cadere a filo uno "sciroppo dall'aria zuccherina", ma anche le bottiglie di latte e di succo di arancia enormi attiravano la mia attenzione.


Starbucks Pumpkin bread



Eppure la prima volta che siamo andati negli Stati Uniti non sono riuscita a consumare una colazione salata, ero ancora troppo ancorata al concetto del dolce a colazione. Non temete, ovviamente in breve tempo ho imparato ad apprezzare anche il salato, tanto che ora se ci capita di trovare la colazione internazionale anche in un albergo italiano, Fabio ed io non stentiamo a scegliere per prime le uova strapazzate con del bacon croccante.
Per quanto abbia "studiato" le colazioni americane attraverso la televisione e per quanto ne abbia anche consumate tante, mi ritrovo ancora a scoprire qualche piatto nuovo. E' successo ad esempio durante il nostro recente viaggio negli USA. Essendo il mese di Ottobre, si vedevano ovunque zucche decorative di ogni tipo ed anche nei piatti venivano usate spesso. Una mattina, a colazione appunto, ci trovavamo nel Vermont e abbiamo trovato una sorta di ciambella dal colore leggermente aranciato e di una bontà infinita tanto che Fabio non ha esitato a chiederne il nome alla cameriera, la quale non si è limitata a dirci il nome, ma ci ha fornito anche la ricetta, spiegando che era quella utilizzata da Starbucks, ed ecco il mio primo Pumpkin bread.
Per prepararlo ho utilizzato lo stampo Nordic Ware comprato negli USA, ma nessuno vieta di utilizzare uno stampo a ciambella classico, piuttosto che uno da plumcake o anche farne dei muffins.
Per la zucca, dopo avere eliminato la buccia l'ho tagliata a cubetti, lavata e cotta a vapore finché non è risultata morbida. Una volta fredda l'ho frullata.

Starbucks Pumpkin bread




Starbucks pumpkin bread

Ingredienti:

180 g di farina 00
200 g di zucchero
1/2 cucchiaino di sale
5 g di bicarbonato di sodio
1/2 cucchiaino di cardamomo
1/2 cucchiaino di noce moscata
1/2 cucchiaio di allspice
1 cucchiaino di cannella
2 uova sbattute
200 g di purea di zucca cotta al vapore
100 ml di olio di riso
1/2 bacca di vaniglia

Starbucks Pumpkin bread


Procedimento:

In un recipienti mescolare insieme la farina setacciata, lo zucchero, il sale, il bicarbonato e le spezie .

In un altro recipiente sbattere leggermente le uova, aggiungervi la purea di zucca e quando il composto sarà diventato omogeneo, aggiungere i semi estratti dalla bacca di vaniglia e l'olio a filo, continuando a mescolare.

Versare l'impasto a base di uova nel recipiente con la farina e mescolare giusto fino ad ottenere un impasto omogeneo.

Versare in un ruoto a ciambella della capacità di 14 l oppure in 2 da 7 litri, che avremo precedentemente imburrato.

Cuocere a 180°C per 45 minuti nel primo caso e per 30 minuti nel secondo caso o comunque finché uno stuzzicadenti infilato nel centro del dolce, ne esca pulito.

Fare raffreddare completamente ed estrarre il pumpkin bread dallo stampo.

Starbucks Pumpkin bread

Io credo che non smetterò mai di essere grata a quella cameriera per questo magnifico dolce e sono certa che quando lo proverete, ve ne innamorerete anche voi.

Anna Luisa



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Il torrone dei morti...a volte ritornano!

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Ricordo ancora quando pubblicai la ricetta del torrone dei morti, dolce tipico della tradizione napoletana. E' stato uno dei primi post scritti sul blog che all'epoca aveva meno di un mese. Non so se il successo di quel post fu dovuto alla semplicità disarmante della preparazione di questo dolce o alla bontà infinita nel mangiare quello che potrebbe essere definito un cioccolatino gigante, so solo che in questi anni mi è capitato spesso di essere contattata da chi aveva provato la mia ricetta, per dirmi che gli era piaciuta tantissimo e che il torrone dei morti aveva riscosso un grandissimo successo. Ammetto che per queste ragioni sono molto legata a questa ricetta.
Dopo otto anni dalla prima pubblicazione (e si, il nostro blog è appena giunto a questa veneranda età!), ho deciso di riproporvi il mitico torrone dei morti, ovviamente in maniera totalmente nuova. Prima di tutto invece del torrone grande da tagliare a fette ho deciso di proporvi le versioni mignon, una via di mezzo tra un cioccolatino ed il torrone dei morti classico. Inoltre ho deciso di provare dei gusti totalmente nuovi, allontanandomi dai classici nocciola, mandorla e pistacchio.


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"Dolce Passione" di Sal De Riso tra estate ed autunno

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Esiste un periodo dell'anno che io amo molto, ovvero, quando l'estate è terminata e ce ne rendiamo conto perché  anche se le temperature diurne sono ancora alte, è venuto meno il caldo "insopportabile" ed ha ceduto il posto ad un'aria frizzante che ci induce ad indossare anche il maglioncino la sera.
E' proprio in questo periodo in cui l'estate stenta a salutarci ed invece fa capolino l'autunno, che madre natura ci regala una serie di frutti dolcissimi, quasi a volerci dare il contentino per la stagione tanto amata ed ormai finita.


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Fuerteventura, diario di viaggio: terzo giorno

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Stamattina mi alzo presto, voglio fotografare l'alba e fare un time lapse. Ieri dalla camera ho visto dove sorge il Sole e purtroppo deve scendere, non posso fotografarlo dal balcone della camera. L'orario non è di quelli impossibili, l'alba infatti è alle 7. Quindi mi piazzo con la macchina fotografica, ma purtroppo c'è la calima all'orizzonte, la sabbia del deserto che ci impedisce di vedere l'alba ed il tramonto, dà fastidio però solo quando il sole è basso. Provo comunque a fare qualche scatto prima di rientrare in camera e prepararmi alla giornata da affrontare.


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Torta mousse alle pesche e vaniglia del maestro Massari

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Torta mousse alle pesche e vaniglia del maestro Massari

Ho scoperto tempo fa di essere una maniaca dei libri di cucina, li guardo, li sfoglio, immagino di poter preparare tutte le ricette dei libri e con grande rammarico di Fabio, li compro. Quando arrivo a casa li ripongo nella enorme libreria che ho in cucina divisa per categorie, anche se in realtà a volte penso di riuscire a vederci solo io un ordine, e poi non sempre mi capita di utilizzarli per preparare una ricetta, anche se spesso sono utilissimi per darmi l'idea di partenza per inventare un piatto.
Tutto ciò accade con alcuni libri, ma non con tutti. Lungi da me l'idea di dividere i miei amatissimi libri di cucina in libri di serie A e serie B, ma ci sono alcuni libri che sono veramente dei pilastri della cucina. Uno su tutti, o per meglio dire sei su tutti, considerando che al momento questo è il numero dei volumi "Non solo zucchero" del maestro Iginio Massari. Essi rappresentano veramente un pilastro della pasticceria, vi si trovano spiegati gli ingredienti, poi le basi ed infine numerose ricette.
Ecco, questi sono tra i libri che maggiormente sfoglio, o per meglio dire, su cui studio, perché di questo si tratta e solo per amore dei suddetti volumi, evito di usare l'evidenziatore mentre li leggo.
Guardandoli e riguardandoli, ci sono delle ricette che mi hanno colpito da subito, ma purtroppo non sempre mi capitano sotto mano al momento giusto. Una di esse è la torta mousse alle albicocche, che ho visto quando ormai la stagione di questi frutti è decisamente terminata. Questa volta però, invece di rinviarne la preparazione al prossimo anno, ho deciso semplicemente di cambiare il frutto e di sostituire le albicocche con le pesche. D'altro canto anche il maestro Massari dice di variare i dolci utilizzando altri frutti se si vuole e con una sua ricetta è molto difficile sbagliare, pur cambiando un ingrediente.

Torta mousse alle pesche e vaniglia del maestro Massari


Torta mousse alle pesche e vaniglia

(da "Non solo zucchero"vol. 4 di I. Massari)

Ingredienti:


Per il pan di Spagna al pistacchio:
335 g di uova
200 g di tuorli
400 g di marzapane 1:1
235 g di pasta di pistacchio
220 g di zucchero
350 g di albumi
85 g di mandorle in polvere
62,5 g di amido di mais(sul libro riporta 625 g, ma credo sia un errore)
75 g di farina bianca 00
95 g di burro fuso

Scaldare in una bacinella mescolando in continuazione le uova, i tuorli, il marzapane e la pasta di pistacchio.
Montare in planetaria in terza velocità per 12-14 minuti.
Montare a neve in planetaria con un frustino anche gli albumi con lo zucchero.
Amalgamare con un cucchiaio le due masse.
Setacciare la farina, l'amido e le mandorle in polvere e incorporarle, infine amalgamare il burro fuso.
Stendere la massa dello spessore di 8 mm, possibilmente con lo stendi bene su fogli di carta da cotture, posti su teglie.

Cuocere a 200°c per circa 8 minuti.

Per la crema pasticcera alla vaniglia e pesca
50 g di tuorli
180 g di zucchero
40 g di amido di riso
450 g di latte
1/2 scorza di limone
2 baccelli di vaniglia
180 g di purea di pesche

In un tegamino bollire il latte, la scorza di limone e la vaniglia; mescolare i tuorli, lo zucchero, l'amido di riso, versare il latte bollente e continuare a mescolare con un frustino sul fuoco fino a quando la crema inizierà a diventare densa; incorporarla purea di pesche, la cottura è avvenuta quando diventa densa.

Fare raffreddare velocemente, mettere in un recipiente coperto con un cellophane in frigo a 0-4°C.

Conservazione massima della crema 3 giorni a 4°C, per aumentare la conservazione serve più zucchero nella dose.

Per la crema mousse alla pesca:
1000 g di crema pasticcera
20 g di fogli di gelatina
1000 g di panna montata

Con un frustino rendere liscia ed omogenea la crema, incorporare la gelatina ammorbidita in acqua fredda, sciolta a 60°C; amalgamare la panna montata lucida.

Note mie:

ho riscaldato un po' di crema per sciogliervi i fogli di gelatina e poi l'ho unita alla restante crema pasticcera.

Per l'inzuppatura
250 g di acqua
250 g di zucchero
200 g di liquore Abricot (l'ho sostituito con Amaretto di Saronno)
200 g di succo di pesche
20 g di succo di limone

Bollire acqua e zucchero.
Lasciare raffreddare lo sciroppo e incorporare il liquore, il succo di pesche e quello di limone.

Finitura

Per confezionare il dolce si inizia dallo strato inferiore.
Posare un anello metallico delle dimensioni desiderate su un foglio di carta da cottura o di acetato. All'interno del bordo appoggiare una striscia di acetato.
Disporre sul fondo i cubetti di pesca sciroppati, racchiudendoli in un anello di 1,5 cm più piccolo.
Con un sac à poche e bocchetta dressare sull'anello esterno uno strato di crema.
Continuare con la crema fino al bordo per unificare visivamente il dolce.
Coprire con il pan di Spagna al pistacchio inzuppato.
Ripetere l'operazione terminando con il pan di Spagna.

Abbattere.

Al momento del servizio terminare il dolce con la gelatina neutra, cilindretti e fettine di pesche.

Torta mousse alle pesche e vaniglia del maestro Massari


La torta di pesche è piaciuta molto, ma mi sa che dovrò segnare sul calendario di rifarla l'anno prossimo, perché a questo punto voglio provarla anche nella sua versione originale.

Torta mousse alle pesche e vaniglia del maestro Massari


Anna Luisa



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Ristorante Anima mia a Caserta di Maria Rosaria Stellato

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Anima mia è il nome che troverete inizialmente all'esterno del ristorante della giovane chef Maria Rosaria Stellato, ma che poi potrete ritrovare in tutto ciò che vi circonda. Soprattutto nei piatti.
Mai come questa volta mi era capitato di ritrovare la personalità dello/a chef nei piatti che ho mangiato. Il percorso della chef ha infatti seguito una strada impegnativa, fatta di studi specifici e di un corso all'Alma, ma anche di esperienze all'estero (Rosenheim in Germania) e nella pasticceria Dolciarte di Carmen Vecchione ad Avellino per una formazione davvero completa.
Approda a Caserta, nella sua Campania, con tutto lo zaino di esperienze accumulate e realizza il suo progetto nel quale riversa tutte le capacità acquisite, le tecniche apprese e soprattutto la sua idea di cucina.
Andare a mangiare da Anima mia significa liberarsi dagli schemi di pensiero abituali (ristorante tradizionale oppure tradizione rivisitata) perché la chef più che un pasto fa fare un'esperienza secondo un percorso da lei disegnato o che può scegliere il cliente.









Anche il locale è moderno ed adeguato ai tempi. Sembra quasi di stare in uno di quei locali "avanti" di Berlino. Arredamento semplice, se vogliamo, ma curato nei minimi particolari. Banco di accoglienza/bar all'ingresso, una quarantina di coperti e soprattutto, in fondo, una luminosa cucina a vista dove la chef e la sua competente squadra operano con impegno, serietà e professionalità.
Il personale è estremamente gentile, attento, mai invadente.
Anche la selezione dei prodotti utilizzati va in questa direzione, basti pensare all'uso della pasta Gentile, piuttosto che dei prodotti di Casa dei miri, il riso Acquerello, oppure i prodotti dell'azienda agricola San Salvatore.
Nella selezione dei vini non manca l'attenzione al territorio e ai vini biologici. Per questi l'approccio non sempre è semplice quando si è abituati ai vini più diffusi. Noi abbiamo modo di provare quelli dell'azienda Canlibero di Torrecuso.
Abbiamo modo di degustare il nuovo menu in occasione di una presentazione alla stampa.
Già con l'entrée capiamo che serata ci aspetta. La chef infatti propone una spugna di spinaci, maionese alle acciughe e cipolla bruciata. La consistenza morbida della spugna invoglia alla masticazione e fa esplodere gli altri sapori.
Il pane è preparato dalla chef ed è molto buono.



Con gli antipasti la chef fa capire che in cucina bisogna divertirsi e che belle presentazioni devono essere seguite da sapori che sorprendono.
E' così per il piatto "di foglia in autunno". Sembra una "tipica" insalata da ristorante nordico, con dei sapori a cui noi siamo poco avvezzi, ma che proprio per questo rendono speciale questa "insalata". Questo grazie all'uso di erbe autunnali, vinaigrette di senape, salmone marinato 48 ore, caviale di salmone e frutti rossi.
Segue l'impepata di cozze. Non aspettatetevi ovviamente la vista e rivista impepata classica. La chef la presenta al piatto, con cozze in sauté già sgusciate, pomodoro, origano, peperoncino e ravanello a fettine. Un concentrato di sapori nostrani, ma che sorprendono il palato.
Siamo pronti per il terzo antipasto, la "cappasanta". Sono presentate su lenticchie di Nimeccola e con brodo di prosciutto iberico di Ghianda. La cottura delle capesante è perfetta. Il brodo è ricco di sapori, mangiare tutto assieme è una vera delizia.


Anche i primi non sono banali. Ci vengono presentato infatti dei ravioli di grano arso ripieni di zucca, rosmarino e conciato romano di Manule Lombardi. Anche qui c'è attenzione verso sapori e prodotti locali, ma con la chiara impronta della chef.
Una sorpresa il secondo primo, ovvero il Riso di semola del Pastificio Gentile che rene possibile cuocere la pasta, che si presenta nella forma classica del chicco di riso, alla stessa maniera del riso. La chef interpreta questo piatto, "pasta e lesse", cuocendolo col Falerno, radicchio e castagne lesse.
Perfetti entrambi i primi per un menu autunnale.



Siamo ai secondi. Anche in queste proposte si vede dove arriva lo sguardo della chef e soprattutto in che direzione vuole andare. La chef punta infatti decisa sull'anatra, cotta sotto vuoto a 54° C, accompagnata da sedano rapa, amaretto e aneto. L'accostamento è perfetto, per avere un piatto eccelso forse da mettere a punto la cottura dell'anatra.
L'altra proposta è di pesce. Polpo con patate, papaccella, caso peruto e tartufo nero. Quando il mare incontra la terra e ne esce un piatto delicato e robusto allo stesso tempo. In un gioco di equilibri chiaramente non facile ma riuscito alla grande.




Sul dolce, sul quale beviamo un Perda Pinta che la chef ci fa l'onore di aprire per noi, tante piccole proposte nel "Macricrock": cioccolato fondente, pistacchio, biscotto, gelée e chiacchiera fritta.
Mi piace l'idea della varietà, ma essendo la fine del pasto, avrei preferito un dolce unico con una sua personalità ben definita.


Nel complesso la degustazione è stata molto positiva. E' il ristorante giusto per chi vuole sedersi a tavola per mangiare bene e non (solo) per riempire la pancia. Per fare un'esperienza gustativa, vedere dove porta la visione della chef. Si vede che lei è orgogliosa e fiera del lavoro fatto e dei piatti presentati. Ed è giusto che sia così. E' un cammino coraggioso il suo, perché non tutti sono pronti. Ma io sono sempre dell'idea che anche il consumatore va educato e poi sarà lui a scegliere. E' una scelta coraggiosa, dicevo, per la nostra terra, ma proprio per questo ancora di più da incentivare, perché sono sicuro che per la chef, accompagnata dal sous chef Francesco Nacca, questo sia solo un punto di partenza e ce ne farà vedere delle belle.


Anima mia

ORARI DI APERTURA
Lun-Sab: Dalle 20:00 alle 00:00
Domenica: Dalle 12:00 alle 15:00
Chiuso il martedì.

INDIRIZZO
Via Sud Piazza d’Armi 30/32, Caserta

TELEFONO
+39 0823 1462475

EMAIL
info@anima-mia.it


Fabio